Il Cervino come icona nell’alpinismo e fonte di ispirazione per il mondo dell’arte, della moda, della pubblicità. Un suggestivo allestimento all’interno del Museo delle Alpi del Forte di Bard ha raccontato – dal 9 luglio 2021 al 17 ottobre 2021 (poi prorogata al 31 gennaio 2022)– la forza comunicativa della montagna più celebre al mondo, in parallelo al percorso fotografico e scientifico nelle Cannoniere della fortezza realizzato nell’ambito del progetto L’Adieu des glaciers e dedicato quest’anno proprio al Cervino. Il racconto della Gran Becca non può prescindere dalla sua forza iconica: non solo vetta da conquistare e ammirare ma un simbolo diventato sinonimo universale di montagna. Tra i quattro interpreti di questo viaggio straordinario, c’è il pittore e architetto milanese Alessandro Busci, che ha partecipato all’allestimento museale L’Icona Cervino con il progetto BLUECERVINO che ha visto la curatela del nostro direttore culturale, Luciano Bolzoni, e il coordinamento di Alpes

Il protagonista di BLUECERVINO è stato il monte con il suo mutevole paesaggio osservato attraverso una selezione di circa 40 opere. Il Cervino visto come la montagna delle montagne, una vetta che buca il paesaggio con le sue quattro pareti, distinte come quelle di una stanza chiusa. Nel linguaggio di Busci, nel suo particolare Cervino, si possono riconoscere tutte le questioni che la montagna impone a chi la guarda anche solo per un istante: paura, sbigottimento, caduta, ascesa ma anche protezione, ospitalità e accoglimento. Nel suo lavoro l’artista non dimentica le tante presenze architettoniche nel paesaggio che circonda l’aguzza vetta, pur senza renderle evidenti. Proprio facendo leva sull’architettura, Alessandro Busci getta uno sguardo attento sul Cervino, che finalmente può unirsi al suo paesaggio, confondendosi nella pittura di muri e pareti dove la montagna appare in tutta la sua potenza ma anche nella sua umanità. Opera dell’uomo e opera naturale o innaturale di un Dio supremo: il Cervino che si solidifica nella liquefazione della montagna che, come una persona eterna si ricompone e si rigenera stagione dopo stagione, era dopo era, nello sguardo ammirato e impaurito di chi la osserva.